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Industria 4.0: definizione, vantaggi e tecnologie
Velocità e flessibilità sono i benefici principali che di norma spingono le aziende a effettuare un investimento nell’Industria 4.0
L’industria è sempre meno caratterizzata dalla presenza di infinite catene di montaggio e da processi ripetitivi, affidati a operai non specializzati. Sempre di più, invece, nelle fabbriche sono presenti macchine industriali connesse alla rete Internet, robot ad alta precisione, soluzioni di realtà aumentata e virtuale, capaci di produrre in tempo reale dati e informazioni che sono poi messi a disposizione del sistema informativo aziendale.
Questo cambiamento è noto come Industria 4.0 e riassume tutte quelle innovazioni digitali che, negli ultimi anni, hanno trovato un crescente spazio nel mondo industriale. Secondo molti esperti si tratta di una vera e propria rivoluzione tecnologica (la Quarta), che arriva dopo la macchina a vapore (fine 1700), la seconda, innescata dal paradigma dell’elettricità e dalla produzione di massa (inizi del 1900) e la terza, favorita dall’avvento della prima informatizzazione (1960-1970).
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Industria 4.0: una definizione
Più precisamente, come indica la definizione del Ministero dello Sviluppo economico, Industria 4.0 è un processo generato da trasformazioni tecnologiche nella progettazione, nella produzione e nella distribuzione di sistemi e prodotti manifatturieri, finalizzato alla produzione industriale automatizzata e interconnessa.
Un’organizzazione industriale, insomma, può pienamente definirsi come 4.0 quando riesce a estendere la digitalizzazione in tutte le fasi dei processi produttivi: in questo modo diventa una vera e propria “smart factory” (fabbrica intelligente) nella quale l’utilizzo delle tecnologie digitali permette di monitorare i processi fisici e assumere decisioni decentralizzate, basate su meccanismi di autorganizzazione, orientati alla gestione efficiente delle risorse, alla flessibilità, alla produttività e alla competitività del prodotto, che generano fruttuose sinergie tra produzione e servizi.
In Italia, il termine Industria 4.0 si è imposto soprattutto con il Piano Nazionale Industria 4.0 (noto anche come Piano Impresa 4.0), introdotto nel settembre 2016, che ha stabilito per la prima volta una serie di incentivi e detrazioni fiscali che potessero favorire una svolta di questo tipo.
Le tecnologie alla base di Industria 4.0
Ma quali sono le tecnologie che abilitano Industria 4.0? Come noto un cardine della rivoluzione 4.0 è l’Industrial Internet of Things, che rende possibile la condivisione e trasmissioni dei parametri di funzionamento delle macchine utensili e degli altri impianti industriali. Ma, in realtà, esistono tante altre tecnologie: tra queste, ad esempio, i robot collaborativi interconnessi e rapidamente programmabili, ma anche la simulazione tra macchine interconnesse per l’ottimizzazione dei processi produttivi.
Un ruolo significativo può essere svolto anche dalla realtà aumentata a supporto dei processi produttivi e dalle stampanti in 3D connesse a software di sviluppo digitali. Ovviamente servono anche strumenti software in grado di gestire e, soprattutto, analizzare la grande quantità di dati prodotti dai sistemi industriali connessi. Dal momento che Industria 4.0 comporta una certa apertura verso il mondo esterno di un sistema tradizionalmente chiuso come la fabbrica, occorre anche implementare apposite soluzioni di sicurezza.
Al momento, secondo l’ultima analisi degli Osservatori del Politecnico di Milano, le tecnologie 4.0 più diffuse in Italia sono di natura IT, in particolare l’Industrial IoT che, con un valore di 1,9 miliardi di euro, rappresenta circa il 60% del mercato nazionale. A seguire ci sono gli Industrial Analytics, con 530 milioni di euro (17% del mercato), e Cloud Manufacturing con 270 milioni di euro (8%,). Fra le OT (Operational Technologies), l’Advanced Automation vale la maggiore quota di mercato con 160 milioni, seguito dall’Additive Manufacturing con 70 milioni di euro, mentre l’Advanced Human Machine Interface vale 45 milioni di euro. L’ultima fetta del mercato è costituita da attività di consulenza e formazione legate a progetti Industria 4.0, che assorbono ancora soltanto 220 milioni di euro.
I benefici di Industria 4.0
Ovviamente, gli investimenti in Industria 4.0 vengono effettuati per acquisire dei benefici, in particolare quella flessibilità necessaria per rispondere a un mercato globale sempre più competitivo, caratterizzato da repentini cambiamenti nella composizione della domanda e da una richiesta continua di produzioni specifiche e poco standardizzate.
Più nel dettaglio, l’adozione di una strategia di Industria 4.0 può consentire alle industrie una maggiore flessibilità attraverso la produzione di piccoli lotti a costi simili a quelli della grande scala. Un ulteriore beneficio risiede nella maggiore velocità, dalla fase di realizzazione del prototipo sino alla produzione in serie. Forse l’ambito oggi più cruciale e ricercato dalle imprese industriali è la maggiore produttività: grazie a una manutenzione di tipo intelligente e predittivo, è possibile ottenere minori tempi di set-up, riduzione errori e fermi macchina. Inoltre, un ambito che può essere sensibilmente migliorato con Industria 4.0 è il controllo qualità: grazie ai sensori che monitorano la produzione in tempo reale è possibile ridurre gli scarti e gli errori di produzione.
In generale, Industria 4.0 è in grado di assicurare una maggiore competitività del prodotto grazie alle maggiori funzionalità derivanti dall’IoT. Questi e altri benefici sono confermati dall’analisi degli Osservatori del Politecnico di Milano: secondo le aziende con progetti attivi da oltre un anno, i vantaggi risiedono nella migliore flessibilità di produzione (47%), nell’aumento dell’efficienza dell’impianto (38%), nella riduzione dei tempi di progettazione (34%) e nell’opportunità di sviluppare prodotti innovativi (33%). Al contempo, le barriere maggiormente percepite dalle imprese allo sviluppo di applicazioni 4.0 hanno invece a che fare con le difficoltà nell’uso della tecnologia e nell’adozione degli standard (59%), nelle problematiche di natura organizzativa e gestione delle competenze (41%), nelle difficoltà di change management (20%) e nell’insoddisfazione per l’offerta (17%).